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Se il sistema operativo non funziona

Vi siete mai chiesti come mai, da almeno un decennio, la tecnologia dalle parti di Grillo, Casaleggio, Movimento 5 Stelle e affini in genere è brutta e non funziona? Sembra una domanda banale oppure un po’ sciocchina, forse non lo è.

Il fatto che da sempre Grillo e Casaleggio abbiano raccontato loro stessi come i paladini dei nuovi ambienti digitali complica ulteriormente le cose. Il blog (quando nessuno sapeva cosa fossero), la retorica dei diritti digitali sparsa a piene mani, il sistema operativo del Movimento (in realtà un semplice sito web malscritto) e poi, ogni volta, puntualmente, la medesima magra figura: il sito che non funziona, bucherellato dagli hacker, senza protezione dei dati degli utenti, ammonito dalle Autorità, gli stessi utenti che commentano arrabbiati. Tutto sempre identico, da anni.

Anche disinteressandosi al paradosso dei padri della democrazia elettronica che la teorizzano vigorosamente senza riuscire a farla funzionare sarà il caso di notare che oggi, ormai, le competenze di minima per mettere assieme un sito web che sia in grado di reggere l’afflusso contemporaneo di qualche decina di migliaia di persone sono largamente disponibili a chiunque, a costi ridotti, senza necessità di investimenti a lungo termine. E allora, se non si tratta di un problema di tecnologia o di soldi, come mai la storia si ripete con tanta disarmante puntualità?

Per conto mio la risposta possibile è una sola. Non gli importa abbastanza.

Dalle parti di Casaleggio sono sensibili alle brutte figure che si ripetono ogni volta ma la tecnologia in sé, quella che gli consentirebbe di evitarle, non gli interessa troppo. Per la verità non gli è mai interessata e anzi spesso ne hanno fatto un vanto. Fin dai tempi degli streaming pixelati ripresi con una videocamera collegata al manico di una scopa, del blog di Grillo tenuto in piedi per anni con Movable Type, dei commenti moderati e censurati con l’accetta. I nerd, gli hacker etici, la cultura di rete dalle parti di Casaleggio non sono mai entrati (poi quando alcuni di questi signori, di soppiatto, sono entrati, ovviamente gli hanno fatto causa). Esattamente come difficilmente entrano simili soggetti in qualsiasi società di consulenza o in qualsiasi ambiente ingessato e analogico nel quale la loro presenza non sia percepita come indispensabile. Non è un caso che per anni (oggi a dire il vero un po’ meno) le stesse continue disavventure tecnologiche abbiano interessato gli ambiti digitali del Governo, del Parlamento Italiano, dei ministeri, dei partiti politici. Non funzionava mai niente da quelle parti, per lo meno quando un minimo di complessità era richiesta. Per anni, fino a poco tempo fa, il sito web della Camera ha trasmesso le dirette dal cuore della nostra democrazia con risoluzioni degne del 1995; quando ci si decise ad usare la rete per le iscrizioni a scuola per qualche anno furono dolori. Poi, piano piano, passò. Funziona così in genere con la tecnologia, non è nemmeno troppo una faccenda di soldi: si sbatte la testa e si impara. Ovunque, tranne che dalle parti dei grillini. Lì è tutto un eterno 1995, a dispetto delle parole e dei proclami.

Sarebbe sciocco (lo è talmente tanto che in questi anni l’ho fatto decine di volte) pensare che queste continue Caporetto web siano un segnale tangibile di una incompetenza generale, di un’allergia ad ogni minima complessità che si ripresenta ogni volta di fronte ai nostri occhi. Se anche lo fosse (lo è in effetti, secondo me) è abbastanza irrilevante. Perché la platea di chi dovrà farsi un’idea lì intorno è esattamente come Casaleggio. Prende atto, magari si lamenta ma non gli interessa a sufficienza. Se c’è un messaggio che possiamo estrarre dall’ennesimo, annunciato down del sistema operativo del Movimento 5 Stelle è che la tecnologia è misteriosa e insondabile. Quando funziona è un miracolo, tutte le altre volte è semplice normalità. Così pensa Casaleggio, così pensano moltissimi dei suoi connazionali.