Sul suo tablet l’azienda di Cupertino è in grado di controllare l’esperienza hardware e software come mai prima, dal processore all’ecosistema di applicazioni e servizi, passando per gli accessori, per arrivare a un’esperienza utente ideale
Questa settimana, con un evento a Brooklyn, Apple ha lanciato un nuovo MacBook Air, un nuovo Mac Mini e due nuovi iPad Pro. È interessante per me che questi dispositivi abbiano condiviso un palcoscenico, perché in un certo senso rappresentano prodotti chiave nella storia dell’offerta informatica di Apple. Il Mac Mini ha reinventato il computer desktop, concentrandosi su un design minimalista ma senza sacrificare le prestazioni. Il MacBook Air ha portato la linea MacBook ad un livello di mobilità superiore e ha introdotto un’architettura a stato solido. Infine, l’iPad Pro ha iniziato a gettare le basi di quello che Apple chiama il “futuro dell’informatica”. Voglio concentrarmi sull’iPad Pro perché per me è sicuramente il prodotto con la storia più affascinante ma anche più complessa da raccontare.
Il percorso dell’iPad
Quando il primo iPad è arrivato sul mercato nel 2010, il modo più semplice per spiegarlo era descriverlo come un grande iPhone. Gli utenti erano innamorati del proprio iPhone e trascorrevano sempre più tempo sui dispositivi mobili a scapito di molti altri dispositivi, compreso il computer. All’inizio si considerava che questi dispositivi, compreso l’iPad, si potessero affiancare sia al computer sia allo smartphone. All’epoca le lacune del dispositivo che non lo promuovevano totalmente a sostituto di un computer erano quattro: il sistema operativo, le dimensioni della tastiera, quelle dello schermo e le prestazioni.
Da allora, l’iPad è cresciuto in dimensioni, potenza e capacità di calcolo, in particolare con l’iPad Pro. Tanto che le ultime aggiunte alla linea sono, come ha sottolineato Apple, più veloci del 92% del PC venduti nell’ultimo anno. Si potrebbe discutere su questo numero, ma rimane il fatto che i nuovi modelli di iPad Pro sono potenti come molti PC.
Ciò che è cresciuto è anche il numero di applicazioni che sono state progettate per l’iPad per sfruttare sia il flusso di lavoro touch che quello basato su penna. Allo stesso tempo, abbiamo anche visto che i flussi di lavoro si spostano sempre più verso applicazioni che assottigliano la differenza tra ciò che possono fare un iPad o un Mac.
Gli ultimi modelli di iPad Pro e le loro prestazioni migliorate spostano ancora in avanti i limiti delle applicazioni, come Adobe ha dimostrato sul palco. Adobe è stato uno dei primi a credere nell’iPad, progettando una versione mobile della sua applicazione Photoshop con il tatto e la penna in mente. All’evento di questa settimana, Adobe è stato sul palco mostrando quello che hanno definito il “vero” Photoshop che arriverà su App Store nel 2019 e offre un’applicazione desktop completa ancora ottimizzata, naturalmente, per il tocco e la penna. La cosa interessante per me, mentre Adobe ha continuato a mostrare Project Aero, la loro suite di creatività focalizzata sulla AR, è stato che ora sull’iPad Pro si può fare quello che si fa su un computer e altro ancora. Ancora più importante, non siamo necessariamente tenuti a farlo nello stesso modo in cui eravamo abituati a farlo su un computer. Si può essere creativi e produttivi in maniera differente. La scelta ormai è davvero in mano all’utente.
Il futuro dei computer non è (ancora) per tutti
Non vedevo l’ora di assistere a un evento in cui nuovi modelli Mac e iPad venissero introdotti fianco a fianco: volevo che Apple raccontasse una storia. Una storia sulla strada intrapresa dall’informatica e quale dispositivo si addice a quale tipologia di utente. Apple non lo ha fatto, ma ha parlato di vendite e prestazioni, confrontandole con quelle dei notebook. Apple crede che l’iPad Pro sia in competizione coi laptop su questo fronte. Ma Apple sa anche che questa transizione non sarà così semplice come quella innescata dal MacBook Air. Questo perché con i laptop ultraportatili cambia il “dove” poter lavorare, non il “come”. Cambiare il proprio flusso di lavoro per adattarlo al paradigma dell’iPad Pro, invece, richiederà un po’ più di tempo.
In tanti mi hanno fatto notare, dopo l’evento, che adesso all’iPad Pro mancano solo un puntatore e un mouse o il trackpad. Questo per me è un sintomo che mostra che in molti non sono ancora pronti a questo passaggio. A causa delle abitudini o per il tipo di attività che svolgono, il flusso di lavoro con la penna e un’interfaccia tattile non fa ancora al caso loro. Ecco perché Apple continua ad aggiornare la sua linea Mac. Per questo stesso motivo macOS, pur rimanendo un sistema operativo separato, introdurrà il supporto alle app e permetterà a tutti di prendere familiarità con il flusso di lavoro di iOS. Chi riuscirà a fare questo salto sarà in grado di considerare l’iPad Pro come il proprio strumento informatico principale.
Crea il prodotto e la clientela arriverà
Per Apple, non c’è dubbio che il futuro dell’informatica sia rappresentato dall’iPad Pro e non dai Mac. Su iPad Pro Cupertino è in grado di controllare l’esperienza hardware e software come mai prima, dal processore a cui si devono prestazioni e intelligenza del dispositivo, all’ecosistema di applicazioni e servizi, passando per gli accessori: praticamente tutto ciò di cui hanno bisogno per controllare l’esperienza utente dall’inizio alla fine.
Se prendiamo il Surface Pro, che io considero l’unico vero concorrente di iPad Pro, vedo chiaramente che la mancanza di questo controllo verticale è il freno che non consente al prodotto di esprimersi a pieno, soprattutto nell’ambito consumer. Ironia della sorte, Microsoft è in vantaggio su Apple nelle applicazioni, ma la mancanza di un chip proprietario e un App Store molto più debole non permettono al Surface di competere alla pari. In passato Apple ha saputo guidare il cambiamento anche quando il mercato non sembrava essere pronto. Per quanto riguarda il futuro dell’informatica, a Cupertino hanno il lusso di non avere fretta. Hanno costruito una piattaforma forte e continueranno ad attrarre utenti senza dover per forza eliminare quella rete di sicurezza che i Mac continuano ad offrire ancora a molti.